Se da un lato penso sia un errore grossolano credere che l’era della tecnica “sia –materialistica– solo perché la macchina stessa è fatta di metallo e di altro materiale” (citando M. Heidegger), dall’altro è possibile notare come la stessa era ha ridotto tutti i fenomeni politico-sociali all’economia.
A questi cambiamenti è facile considerare come sia il concetto di impresa che determina i cambiamenti sociali, ed è l’impresa stessa un fenomeno che guida la società (giusto riprendendo G. Faye). Sempre continuando con Faye non posso essere che d’accordo sul fatto che la “cosa peggiore è che la maggior parte delle persone”, e qui cito imprenditori e manager “si lasciano convincere dall’apparente generosità di questo totalitarismo economico”, o miscellanea illusoria di abbondanza materiale.
Gli ultimi fatti lo stanno dimostrando.
La fiacchezza unita all’aspettativa di un “progresso automatico e meccanicamente acquisito” sta rendendo più o meno inconsapevoli persone ma soprattutto imprenditori e manager, strozzati dai famosi fattori VUCA (Volatility, Uncertainity, Complexity, Ambiguity), l’effetto diretto diventa l’ipersensibilità a tutti i temi di visione, strategia e creatività imprenditoriale.
L’imprenditore italiano tende a diventare così quella figura talmente addomesticata, affetto da iperestesia, sempre più privo di oggettività e non in grado di creare direzioni ma generare soltanto sistemi di governance più o meno efficaci. Il superamento di questa situazione diventa una priorità.
Per questo l’edizione di Andrea Pietrini “Fractional manager” della Egea allarga qualche orizzonte.
Innanzitutto “Fractional Manager” evidenzia una tendenza a cui numerosi imprenditori di PMI dovrebbero fare seriamente appello anche solo per comprenderne le gestualità da capitani d’impresa (…poi eventualmente per farvi riferimento come figura da portare a bordo). Non ci sono scuse, in un mondo dove l’imprenditore si trova ad essere sempre più manager è un passaggio chiave da capire.
Gli appelli che in modo molto lineare Andrea Pietrini promuove sono molteplici, si potrebbe dire forse sempre gli stessi (se solo si uscisse dalla sordità e dalla diafana oscenità del cambiamento costante a cui siamo soggetti): potenziare le soft skills, diventare esperti di networking, puntare sul personal branding, digitalizzazione, non smettere mai di studiare, e così via.
Un’edizione agevole, quasi un manuale d’istruzioni, semplice, operativo, contro ogni teatro delle ombre e in qualche modo spero mobilitante per l’imprenditore italiano medio.