Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
In tanti ambiti del sapere umano ci si interroga se un oggetto, uno strumento, sia valido, interessi o invogli all’acquisto solo in base al principio di utilità.
La riflessione potrebbe estendersi in realtà a tutto ciò che è materia, se sia essa semplicemente materia o abbia dentro di sé altre qualità.
Tra queste qualità vi è sicuramente l’estetica.
E quanto l’estetica, la bellezza, la forza attrattiva sia importante in un oggetto, in uno strumento, anche tecnologicamente avanzato, oltre che in un corpo umano e nella materia più in generale.
In dettaglio parleremo di:
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La materia: qualità, spirito ed estetica
Uno dei più grossi errori della filosofia materialista e moderna è stato quello di pensare alla materia come a un qualcosa di esclusivamente materiale.
Ma già un René Guénon aveva corretto il concetto di materia delle suddette filosofie, definendo che in realtà si trattasse non di materia assoluta, anche perché la materia assoluta – o meglio la “sostanza”, la Prakriti della dualità indù Purusha e Prakriti – è “inintellegibile” (2009, p.24).
Questo apre al discorso che la materia, per come correntemente intesa e con particolare riferimento ai “corpi”, non è solo un concetto , o meglio un principio, un fattore “quantitativo”, ma lo è anche “qualitativo” , proprio perché di non sola materia si tratta, e anche perché la mera quantità non produrrebbe manifestazione sensibile. Ed è sempre Guénon a chiarire tale discorso (2009, pp. 23-28).
E se dunque la materia è anche qualità, se la materia è anche forma[1] – o spirito, “essenza”, il Purusha della suddetta dualità indù –, allora la materia renderà anche evidente questa sua qualità. E l’evidenza della materia non può che essere la sua “estetica”.
L’estetica, ovvero la manifestazione delle forme e dell’armonia , oggetto di ricerca di filosofi come Platone, Plotino, fino ad Heidegger, passando per Baumgarten, di cui era allievo Winckelmann.
L’estetica esprime l’armonia interna dell’oggetto, del corpo o soggetto materiale, così come il bello è qualità innanzitutto interiore e poi esteriore.
Il digitale: la nuova materia
In precedenti articoli[2] abbiamo chiarito come la nostra fase storica specifica, la postmodernità, sia la fase che ci proietta in una nuova forma di percezione dell’ambiente[3] .
Un ambiente che esce dalla percezione/concezione del materialismo “solido”, e apre verso uno sfaldamento della materia, verso una fase di polverizzazione, “smaterializzazione”.
È come se gli scenari “naturali” fatti per la maggiore da alberi, mari, montagne, ecc. siano stati progressivamente sostituiti da industrie e metropoli meccaniche e poi elettriche, nell’era dell’industrializzazione, e poi da connessioni, chip, software, hardware, robot, intelligenza artificiale, ecc., nell’era del digitale.
È questa la nuova forma di materia che abbiamo a disposizione. Una forma post-materiale, dove anche il fattore umano si “sbriciola” in forme post-umane o transumane , e grazie ai processi da un lato di integrazione delle protesi tecnologico-mediatiche nel corpo umano o comunque nell’ambiente[4] di riferimento; dall’altro di “abbassamento” dell’essere umano e delle sue qualità naturali a un livello “robotico” , e per tutta una serie di fenomeni e movimenti della realtà che portano l’uomo per come lo conosciamo verso il decadimento e quindi verso l’equiparazione a forme “bestiali”, tra le quali possiamo annoverare la macchina5 .
“Quanto è importante l’estetica, la bellezza, la forza attrattiva in un oggetto, in uno strumento, anche tecnologicamente avanzato, oltre che in un corpo umano, e nella materia più in generale?”
La forza attrattiva degli oggetti
Così come abbiamo detto, la materia ha una sua qualità, una sua estetica, e dunque una sua forza attrattiva. Allo stesso modo il digitale, l’oggetto tecnologico, mediatico, ha una sua forza attrattiva.
Del resto, quando acquistiamo un oggetto – che sia anche un automobile, un vestito, che sono essi stessi dispostivi mediatici come ci avverte Marshall McLuhan[6] , o ancora un personal computer, uno smartphone o qualunque altro oggetto e protesi mediatico-tecnologica – lo acquistiamo solo per le sue prestazioni, per la sua funzionalità o per una sua intrinseca forza attrattiva?
E dunque, quando si “incontrano” due soggetti, o un soggetto e un oggetto, o due corpi in generale, essi si incontrano per un semplice calcolo utilitaristico o perché tra loro è in atto un gioco di similitudini?
E se non è solo per utilitarismo, allora dobbiamo comprendere quali forze stanno alla base dell’oggetto da noi desiderato, acquistato o dal quale veniamo attratti.
Queste forze sono forze in ultim’analisi estetiche, e per estetico intendiamo ciò che esprime una propria forza interiore, e in modo armonico, o meglio in modo che si armonizzi alla nostra stessa interiorità, e sempre per la legge secondo la quale “il simile attratte il simile, il simile risveglia il simile, il simile completa il simile”.
Il sex appeal dell’inorganico
Walter Benjamin, dopo aver rotto con la mentalità tipica della sua area culturale di provenienza, la Scuola di Francoforte[7] , rivedendo la concezione dei media, non più come semplice servizio del sistema capitalistico, bensì come una possibilità che apre squarci nei processi di democratizzazione[8] ; nei Passages (1982) giunge alla ricostruzione della storia della cultura secondo la dimensione “visiva”.
Attraverso un lavoro di raccolta, catalogo e bricolage di temi, immagini e personaggi, Benjamin elabora una sorta di enciclopedia del XIX secolo, una “filosofia della storia” proiettata nel XX secolo. Qui Benjamin si avvale della fusione di tecnologie e dispostivi cognitivi, ai quali presta estrema attenzione.
Nei Passages Benjamin parlerà del “sex appeal dell’inorganico”, ovvero il fascino di ciò che non è in vita o, più precisamente, prendendo spunto da un’opera di Shakespeare Il racconto d’inverno (1611), il fascino della morte, della dissoluzione, del silenzio. In questo fascino è compreso il feticismo, l’attenzione per i dettagli e gli oggetti, visti da Benjamin come il suo “nervo vitale”.
Il sex appeal dell’inorganico è stato oggetto di riflessioni in vari ambiti della letteratura, della sociologia, persino del cinema, oltre che alla base di tutta la sottocultura cyber.
Ma pure George Battailles si cimenta nella scoperta della vita, per così dire, dell’oggetto e dei suoi elementi pulsionali, riprendendo, come Benjamin, anche tutta una serie di concezioni di Karl Marx sul Capitale , sul “capitale inorganico il quale assorbe, senza sosta, la forza vitale degli individui”[9] .
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Estetica postmoderna: tra paganità, tribalismo e cyberpunk
Altre di queste riflessioni sono state espresse dal sociologo Mario Perniola, nel suo Il sex appeal dell’inorganico (1994) , che riprende il termine usato da Benjamin.
Per Perniola tutta la realtà postmoderna è una continua pulsione erotica, nella quale non si raggiunge mai l’orgasmo, il ritorno di Onan, come direbbe Michel Maffesoli[10] , ma senza emissione di seme.
Come abbiamo visto in altre occasioni Maffesoli parlerà di un ritorno del paganesimo nella nostra epoca[11] , un ritorno delle pulsioni creative, dionisiache, naturali, erotiche.
Per Perniola questa base si mischia, si “ibrida”, con tutto il mondo della tecnologia, del design, degli scenari cyber , pregni di una certa carica erotico-feticista: “La lingua che mi pervade e mi copre, il sesso che mi penetra e mi indossa, la bocca che mi succhia e mi spoglia, tutto è metafora vestimentale. (…) Le pieghe del sesso femminile non sono diverse dagli affossamenti del tessuto del sedile, la pelle che scorre lungo l’asta del sesso maschile è affine alla fodera del bracciolo: le vesti di carne dei nostri corpi, liberate dal tempo e sospese in un incanto senza attesa, sono l’oggetto di un investimento sessuale infinito ed assoluto che potrebbe sembrare più consono a un sarto, a una modista, a un tappezziere impazziti che ad un filosofo”[12] .
E ancora in questo mix di filosofia, sperimentazione, arte, e vita vissuta nel mondo postmoderno e contemporaneo, e nel quale ci si cimenta come una cosa viva, vibrante, che “sente”, alla stregua di una società tribale ma a cavallo tra il secondo e il terzo millennio.
Paganità e tribalismo , come negli insegnamenti di un McLuhan o come dicevamo di Maffesoli: ecco il mondo postmoderno!
“Darsi come una cosa che sente e prendere una cosa che sente, questa è la nuova esperienza che s’impone al sentire contemporaneo, esperienza radicale ed estrema che ha il proprio fulcro nell’incontro tra filosofia e sessualità, e che tuttavia costituisce la chiave per intendere tante e disparate manifestazioni della cultura e dell’arte attuali. Ciò che suscita inquietudine e costituisce un enigma è proprio il confluire in un unico fenomeno di due dimensioni opposte, quali il modo di essere della cosa e la sensibilità umana: sembra che le cose e i sensi non si combattano più tra loro, ma abbiano stretto un’alleanza grazie alla quale l’astrazione più distaccata e l’eccitazione più sfrenata sono quasi inseparabili e spesso indistinguibili. Così dal connubio tra l’estremismo speculativo della filosofia e l’invincibile potenza della sessualità nasce qualcosa di straordinario in cui la nostra età si riconosce: sulla scorta di Walter Benjamin possiamo chiamarlo il sex appeal dell’inorganico”[13] .
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Estetica postmoderna: cinema e letteratura
Questi scenari ibridati fatti di musica, sessualità, architetture d’avanguardia, droghe, cyberpunk, ecc., scenari pulsanti ma artificiali, vivi ma morti, “erotici” ma orgasmicamente sospesi, sono alla base anche di molto del cinema e della letteratura di fantascienza.
Prendiamo ad esempio il cinema di David Cronenebrg, “le cerniere hanno il loro sex appeal” dice Caprice al marito Saul Tenser in Crimes of The Future (2022), e per cerniera si intende una delle modificazioni corporee (all’addome) che la coppia di body artist adottano nei loro spettacoli.
In un mondo dominato da evoluzioni antropologiche, di organi biologici e superamenti della malattia (infezioni) e della percezione (soglia del dolore), da un’arte dove si espone uno strano concetto di “bellezza interiore” (cit.), i due conducono performance artistiche sulla base dell’asportazione di tumori fatti crescere “volontariamente” nel corpo di lui ad opera della chirurgia di lei.
“La chirurgia è il nuovo sesso” dice Timlin la funzionaria governativa addetta alla catalogazione e alla conservazione dei nuovi organi, sempre a Tenser, prima di scambiarsi effusioni con lui, rimarcando un’ulteriore trasformazione, quella che emana forza erotica da tali modificazioni corporee.
In un’altra delle sue opere Crash (1996), tratta tra l’altro dal romanzo di James G. Ballard (1973), il protagonista è un certo Vaughan che con la sua banda mette in pratica un’interessante tesi secondo la quale gli incidenti automobilistici emanano energia erotica, orgasmica. La banda di Vaughan così inscena dei veri e propri incidenti automobilistici, che poi riprende, per poi addirittura lasciarsi andare in orge masturbatorie alla loro visione.
E sempre nello stesso film, l’altro protagonista Ballard, anch’egli mosso da una certa erotomania, fa sesso con una della banda, che ha una complessa protesi agli arti inferiori per via degli “incidenti”, e in particolare riscontra l’energia erotica emanata dalla cicatrice che la ragazza ha alla gamba.
Di questo mix tra distopia, scenari cyber, tecnoscienza fuori di senno e sessualità, è piena la cinematografia di Cronenebrg , e in particolare qualcosa di assonante con le riflessioni esposte è in Shivers , titolo in italiano Il Demone sotto la Pelle .
Il film è incentrato su un complesso residenziale, una specie di isola felice “L’arca di Noè”, dove per via di alcuni esperimenti fatti con la pelle umana ad opera del dr. Hobbes qualcosa va storto scatenando una sorta di pandemia sessuale tra tutti gli abitanti dell’Arca. Tra le teorie del dr. Hobbes vi è quella spiegata alla fine del film dalla sua assistente secondo la quale “tutto emana un’energia sessuale, anche la malattia, la pelle di un vecchio, e pure la parola è essa stessa erotica”[14] . Il film si conclude nell’impazzimento generale, con una mega orgia a base di sesso e cannibalismo.
La materia ha una sua qualità, una sua estetica, e dunque una sua forza attrattiva. Allo stesso modo il digitale, l’oggetto tecnologico, mediatico, ha una sua forza attrattiva.
Il design
Tutto questo discorso, investe il mondo della produzione degli oggetti, i quali oltre alla loro funzionalità, alle loro prestazioni, talvolta alla convenienza economica, devono essere belli, nel senso che devono attrarci, devono “piacerci”.
È questa la storia e la peculiarità del design, ovvero quella disciplina che si basa sulla progettazione degli oggetti (da quelli fisici a quelli digitali) tenendo conto appunto della funzionalità e dell’estetica.
Tale disciplina nasce più o meno con la rivoluzione industriale nel XVIII secolo, proseguendo per tutta l’evoluzione nel campo delle arti, dell’architettura e dell’industria nei secoli successivi.
E grazie a questa miscela di conoscenze progettuali, concettuali e stilistiche, il design trova una sua molteplicità di applicazioni , dai prodotti industriali, alla moda, a quello automobilistico, a quello nautico e navale, agli interni in ambito architettonico, al mondo della comunicazione.
In tutto ciò non poteva mancare il design degli ambienti digitali , che trova anche’esso una vasta gamma di espressioni, sia nel mondo hardware, che in quello software che ovviamente nei nuovi settori e “mondi” della realtà virtuale, aumentata e del metaverso.
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Quando si parla di metaverso non ci si riferisce a una moda passeggera o a un servizio dal futuro incerto, ma ad un ecosistema digitale supportato e condiviso da alcune tra le più grandi aziende del settore informatico e tecnologico.
Made in Italy: l’Italia e l’estetica
Ovviamente tra le nazioni principali del settore del design , oltre ad Inghilterra e Germania, abbiamo l’Italia, terra di creatività e bellezza , famosa in tutto il mondo per il suo Made in Italy.
Ciò attiene, oltre che ad una propensione per il bello, ad una capacità creativa innata italiana, e della quale abbiamo parlato nello specifico in quest’articolo[15] , e che dona al mondo intero una straordinaria gamma di professionisti del settore , ciascuno con le diverse sue peculiarità, e con tanti campi di espressione tra i quali sicuramente il design degli interni[16] .
Tra le regioni italiane con una maggiore concentrazione di imprese che si occupano di design abbiamo la Lombardia (32,6%), e poi l’Emilia Romagna (13,3%), il Piemonte (11,6%), il Veneto (11%), Toscana (6,8%) e Lazio (6,1%) e a percentuali minori tutte le altre (anno 2020)[17] .
Secondo lo studio della piattaforma Houzz[18] , per il 2022, più dei due terzi dei professionisti iscritti alla piattaforma prevedono per il design della casa – settore fondamentale anche per l’importanza che l’abitazione ha per gli italiani – una crescita dei ricavi del 68%, e quasi due terzi che prevedono un aumento dei profitti del 62%. I dati salgono ulteriormente se a fare le previsioni sono gli interior design.
Anche per quanto riguarda l’export l’Italia è una delle massime potenze. Secondo ICE[19] , la crescita dell’export in questo settore e specificamente per il comparto arredamento è stata del +2,1% verso la UE, del +15,9% verso la Cina, e del +11% verso gli USA.
Mentre le stime dell’export per il periodo 2017-2022 dello studio “Esportare la Dolcevita” di Confindustria sempre per tale comparto sono del 23,5% verso l’Europa, del 38,6% verso gli USA, mentre verso la Cina (periodo 2015-2021) è del 63,7%.
Il mercato mondiale
Anche da un punto di vista mondiale tutta l’industria dell’arredamento (design interni) raggiunge risultati molto alti , che ha avuto effetti molto limitati sul comparto, probabilmente dovuti al fatto che proprio i lockdown hanno aumentato il peso della “casa” nella vita di ognuno.
Secondo il Centro Studi Industria Leggera (CSIL)[20] , tra il 2020 e il 2021, vi è stato un raddoppio del volume , raggiungendo un ammontare mondiale di circa 500 milioni di dollari. E nel 2022 si prevede un superamento di questa cifra.
Ma un ulteriore e fondamentale campo è quello del logo design. Sappiamo benissimo dell’importanza del logo e del brand da un punto di vista non solo aziendale e, dunque, economico, ma anche della comunicazione , intesa nel senso più profondo, e dunque psicologico di massa.
Abbiamo visto in un precedente articolo[21] , infatti, quanto la potenza simbolica giochi un ruolo decisivo nel mondo della produzione, delle vendite e del marketing più in generale. Bene, è fondamentale allora che tale logo, tale simbolo, sia ben disegnato, in modo da rimanere impresso nelle menti del produttore/consumatore.
Tra i più famosi logo designer abbiamo: Milton Glaiser, disegnatore del celebre I Love New York; Paul Rand per IBM; Lindon Leader per FeedEx; Carolyn Davidson per la Nike; Ruth Kedar per Google; Walter Landor per la Levi’s; Paul Scher per Citibank; Rob Janoff per Apple; Saul Bass per Bell; Raymond Loewy; Alan Fletcher per Reuters; Michael Bierut per Old Stones Design[22] .
Bibliografia
Ballard J. G., Crash , Feltrinelli, 1973.
Benjamin W., , I Passages di Parigi , a cura di Tiedemann R. & Gianni E., Einaudi, 2002.
Benjamin, W., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica , trad. Filippini E., prefazione Cases C., Einaudi, 2000.
Guénon R., Il regno della quantità e i segni dei tempi , Adelphi, 2009.
McLuhan M., Gli strumenti del comunicare , Il Saggiatore, 2015.
Perniola M., Il sex appeal dell’inorganico , Einaudi, 1994.
Postman N., Ecologia dei media. L’insegnamento come attività conservatrice , Armando, 1983.
Shakespeare W., Il racconto d’inverno , a cura di Lombardo A., Feltrinelli, 2017.
Filmografia
Crash , Cronenberg D., Canada, Regno Unito, 1996.
Crimes of The Future , Cronenberg D., Francia, Grecia, Canada, Regno Unito, 2022.
Shivers , Cronenberg D., Canada, 1975.
Postmodernità e nuova realtà digitale
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[1] Nel senso platonico del temine, impropriamente potremmo dire Spirito.
[2] La proiezione mentale del tuo Io digitale [parte 1]
[3] Nel senso di ambiente psichico, ovvero che dalla propria psiche si estende al mondo esterno.
[4] Nel senso chiarito dal sociologo Neil Postman, per il quale i media “non sono dei meri strumenti per facilitare le cose. Sono degli ambienti […] all’interno dei quali noi scopriamo, modelliamo ed esprimiamo in modi particolari la nostra umanità”. (1983, p. 154)
[5] Come in termini positivi professa la filosofa Donna Haraway, che vede nel cyborg addirittura un’evoluzione della specie umana in grado di far superare i dualismi tipici della mentalità occidentale (uomo /donna, naturale/artificiale, corpo /mente).
[6] McLuhan M., Gli strumenti del comunicare , Il Saggiatore, 2015, pp. 120-129, 202-208.
[7] L’espressione “Scuola di Francoforte” una definizione generica che inquadra una corrente sociologica, filosofica, e in ultim’analisi culturale, politica e “scientifica” del marxismo storico. Essa nasce nel 1923 con l'”Istituto per la Ricerca Sociale” dell’Università Johann Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno, su iniziativa di una serie di intellettuali e ricercatori – per lo più tedeschi e di origine ebraica. La sua è una “revisione” del marxismo “ortodosso” – a partire dal marxismo-leninismo, la teoria ufficiale dell’URSS staliniana. Tra i vari esponenti abbiamo Habermas, Horkheimer, Adorno, Marcuse, Fromm.
[8] Si veda Benjamin, W., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica , trad. Filippini E., prefazione Cases C., Einaudi, 2000.
[9] Il sex appeal dell’inorganico
[10] Cyberculture
[11] Postmodernità e media: il reincanto del mondo
[12] Il sesso delle cose
[13] Il Sex appeal dell’inorganico
[14] Axis Mundi
[15] Economia e postmodernità. Il nuovo approccio
[16] Design architettura
[17] Distribuzione regionale
[18] Settore design: aziende ottimiste per il 2022
[19] Guida Digital Export Home Design
[20] Il mercato globale dell’arredamento per il 2022
[21] Brand: oltre all’immagine c’è di più
[22] I “Dodici” logo designers