Andrea Ruboni – è un esperto di advertising e analisi dati con una vasta esperienza nel settore del B2B, e-commerce e turismo.
Quando Google ha annunciato che avrebbe gradualmente eliminato da Chrome i cosiddetti third-party data (dati di terza parte) entro il 2022, l’intero settore pubblicitario ha avuto un sobbalzo. Era solo l’ennesima misura di sicurezza varata in nome della difesa della privacy degli utenti ma l’impatto è stato notevole. C’è chi ha parlato di Cookie Apocalypse, evocando scenari di rivoluzione profonda del mondo dell’advertising online.
La cosa certa è che la pubblicità digitale sta attraversando un periodo di decisa transizione. La digital transformation è realtà.
In che modo sta cambiando l’advertising e quali sono le sfide portate da un nuovo concetto di privacy?
Punti chiave dell’articolo:
La privacy nell’era digitale . Nell’epoca in cui molta parte dell’esistenza si consuma sul web, la privacy online è una tematica scottante. La trasformazione digitale sta riscrivendo le regole del marketing e sta sollevando importanti interrogativi sui temi della privacy
L’addio ai cookie di terza parte . Molte aziende sono alla ricerca di soluzioni efficaci alla rottamazione dei cookies e all’utilizzo dei dati di terze parti. Puntare sui dati di prima parte è l’obiettivo prioritario
Strategie, tattiche e consigli: un vademecum per l’advertising del 2022 . L’obiettivo delle aziende? Operare in maniera etica ed efficace al tempo stesso, coniugando contemporaneamente le esigenze del marketing e la tutela della privacy
L’advertising digitale oggi gioca un ruolo cruciale per le aziende.
Questa nuova consapevolezza impone di ripensare per intero le questioni relative alla privacy e alla gestione dei dati dei propri clienti.
Nell’era della trasparenza e della condivisione, gli utenti vogliono maggiori garanzie di un tempo.
Richiedono che i propri dati non finiscano nelle mani o nelle tasche sbagliate, una maggiore tutela della privacy e possibilità di gestire i consensi in maniera autonoma. Ma vogliono anche contenuti puntuali e pertinenti.
Come offrire il massimo della soddisfazione con la minor violazione possibile della privacy?
La risposta non è immediata né semplice, ma le soluzioni esistono.
In questo contenuto parleremo di:
La politica sulla privacy di Google minaccia davvero di ridimensionare drasticamente le potenzialità del marketing digitale e minare il futuro del cosiddetto open internet?
I cookie tra passato e futuro
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando Lou Montulli, ingegnere ventitreenne in forza all’avanguardistica Netscape , creò il primo cookie.
Era il 1994 e l’obiettivo era quello di aiutare i siti web a ricordare gli utenti.
Da allora molte cose sono cambiate: le tipologie di cookie si sono moltiplicate e il web ne è oggi invaso.
Ma una nuova era della pubblicità è alle porte. Sull’onda della crescente preoccupazione degli utenti circa raccolta e utilizzo dei propri dati, i governi emanano leggi e le aziende sono chiamate ad adeguarsi.
Uno studio di McKinsey in collaborazione con l’Interactive Advertising Bureau (IAB) rivela: “Un cambiamento profondo e improvviso è in agguato per tutti coloro che utilizzano la rete.”
Questo perché entro il 2022 nuove normative sulla privacy imporranno alle aziende di richiedere l’esplicita autorizzazione degli utenti per raccogliere e utilizzare i dati generati dalle interazioni digitali.
Facile immaginare che il rapporto tra aziende e utenti cambierà presto in maniera radicale.
Dentro la rivoluzione: cosa sono i cookie?
Protagonisti di questa rivoluzione della privacy sono i cookie , file di testo creati da un server che vengono memorizzati sui dispositivi dell’utente durante la navigazione di un sito web.
Contengono una serie di informazioni utili sull’utente e sulle sue abitudini online. Ad esempio indicano se è la prima volta che accede a un sito web, se ha acquistato qualcosa o ha qualcosa nel carrello (per gli eCommerce), qual è la sua lingua di preferenza e via dicendo.
L’obiettivo dei cookie è quello di aiutare i siti web a ricordare preferenze e abitudini di navigazione degli utenti.
I cookie si dividono principalmente in due tipologie:
Cookie di prima parte. Sono i cookie installati dal gestore del sito web che l’utente visita. Appartenendo al sito web visitato, vengono installati direttamente da quest’ultimo sul dispositivo dell’utente
Cookie di terza parte. Sono i cookie provenienti da siti web terzi rispetto a quello visitato. Su di essi il titolare del sito web non ha alcun controllo e la loro disabilitazione non pregiudica in alcun modo la navigabilità del sito web
Un esempio? Pensa a un sito web che ingloba il pulsante “Mi piace” di Facebook . Quel pulsante imposta un cookie che può essere letto da Facebook.
I browser e la cookie revolution: il caso Privacy Sandbox di Chrome
La rivoluzione in atto avrà conseguenze sostanziali:
I dati di prima parte (first-party data) diventeranno l’elemento cruciale del marketing
La disfatta dei cookie di terze parti potenzierà il retail media network
Gli utenti saranno disposti a condividere i propri dati solo in cambio di valore reale (offerte, consigli personalizzati, omaggi etc.)
Ci sono aziende che basano l’intera attività su acquisto e vendita dei dati di navigazione degli utenti.
Vista la posta in gioco i browser si stanno da tempo muovendo alla ricerca di soluzioni alternative.
Pensa ad esempio alla Privacy Sandbox di Chrome . Definita da Google il “futuro della privacy per la pubblicità web”, è stata presentata dal colosso di Mountain View nel gennaio 2021.
Come funzionano oggi i third-party cookies o cookie di terza parte? Tracciando un utente con cookie di terze parti, Google crea un profilo con interessi, hobby, orientamento politico etc. Questo profilo viene studiato per indirizzare all’utente annunci pertinenti, nella speranza che li clicchi.
Il problema di questi cookie è che identificano ogni utente in maniera univoca. Sebbene l’identità dell’utente non sia necessariamente rivelata, ogni utente viene trattato come un’entità a sé. Non il massimo per la privacy.
È a questo punto che entra in gioco FLoC (Federated Learning of Cohorts) , tecnologia alla base della Privacy Sandbox di Chrome, che mira a cambiare questo aspetto fondamentale della pubblicità online.
Invece di tracciare gli utenti tramite cookie, FLoC viene eseguito lato browser e analizza il comportamento online di un utente a livello locale.
Come? Utilizzando la cronologia di Chrome, Privacy Sandbox monitora la tua attività di navigazione e ti colloca in un insieme di utenti con abitudini e gusti simili. Questi insiemi vengono definiti coorte.
Il browser segnala poi la coorte ai siti web che sfruttano FLoC.
In questo modo Google evita che i siti web traccino la tua attività attraverso cookie di terze parti.
È Chrome stesso a monitorare la tua attività di navigazione a livello locale e a comunicare ai siti web che visiti a quale tipo di annunci potresti essere interessato.
La nuova tecnologia Floc studia i comportamenti online e raggruppa gli utenti con interessi e tendenze simili a livello locale. L’utilizzo di third-part cookies è superato, la privacy è più tutelata garantendo una navigazione personalizzata.
Ascesa e caduta dei cookie di terza parte
L’UE ha posto le basi per un ripensamento dell’utilizzo dei cookie già nel 2016, approvando il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) . Questo ha stabilito linee guida rigorose per protezione e condivisione dei dati degli utenti.
Negli Stati Uniti qualcuno ha seguito l’esempio: la California ha approvato il proprio Consumer Privacy Act (CCPA) nel 2018 e una nuova legislazione nazionale è stata introdotta alla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti nel marzo 2021.
Facebook si è affrettato a convincere gli utenti ad attivare il monitoraggio per “un’esperienza migliore.” Così altri.
La preoccupazione è palpabile.
A volte ritornano: i dati di prima parte saranno i nuovi protagonisti
La soluzione però esiste. È necessario ripartire dai dati di prima parte.
Una delle mosse più importanti che le aziende possono fare per cavalcare il cambiamento è ottimizzare i propri canali circa l’acquisizione e la gestione dei dati proprietari.
Ecco il consiglio di Orchid Richardson dell’Interactive Advertising Bureau (IAB): “Accumula e sfrutta un set di dati di prima parte e incrocialo con altri set di dati per ricavarne ulteriori informazioni. Lo scambio deve andare a vantaggio di azienda e utente.”
Le aziende che negli anni hanno raccolto dati di prima parte attraverso programmi di fidelizzazione, sondaggi, servizi in abbonamento etc. hanno un grosso vantaggio sulla concorrenza.
La materia prima c’è, si tratta semplicemente di usarla in maniera adeguata e redditizia.
Nel caso non ci si fosse nel frattempo portati avanti non bisogna disperare, ma è necessario mettersi subito al lavoro. La capacità di monetizzare i dati in maniera più etica è la sfida dei prossimi decenni.
Il retail marketing rivendicherà probabilmente un ruolo centrale nell’ecosistema pubblicitario, proprio per quanto fatto negli ultimi anni in tema raccolta dati.
La pubblicità su Amazon è onnipresente e molto redditizia. Molti altri rivenditori si stanno rilanciando sul mercato con sistemi di questo tipo, da Target a Kroger, da Walmart a Walgreens.
Appoggiarsi a queste reti potrebbe essere una soluzione per il futuro, ma bisognerà vedere quanti e quali dati decideranno di condividere con aziende e fornitori di AdTech.
“Nell’epoca in cui molta parte dell’esistenza si consuma sul web, la privacy online è una tematica scottante. La trasformazione digitale sta riscrivendo le regole del marketing e sta sollevando importanti interrogativi sui temi della privacy.”
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Strategie per elaborare il lutto: come sopravvivere alla cookie apocalypse
Non c’è tempo da perdere.
I professionisti del marketing devono trovare strategie inedite per rendere il proprio advertising a prova di futuro.
Le tue massime priorità devono essere:
Acquisire in tempi rapidi quanti più dati di prima parte possibile
Collaborare con canali multimediali e fornitori di tecnologia pubblicitaria per ottenere ulteriori dati
Massimizzare l’impatto della pubblicità indirizzabile (addressable advertising)
Ok, ma come? Vediamolo subito.
1. Personalizzare, personalizzare, personalizzare
Qualunque tipo di attività si timoni, quel che occorre è personalizzare.
Uno studio di Liveclicker e Sailthru riporta che il 62% degli intervistati afferma di preferire i brand che personalizzano l’esperienza di vendita al dettaglio online e in negozio.
In questo saranno avvantaggiate quelle aziende che negli anni hanno raccolto una notevole mole di dati sugli utenti.
L’ equazione del futuro è: trasparenza e valore in cambio di dati.
Insomma, ok a qualche piccola concessione sulla privacy ma solo se il controvalore è adeguato. Ripensare la reciprocità è a questo punto categorico.
Personalizzare per apportare valore all’esperienza dell’utente è un ottimo trucco per ottenere una maggiore quantità di informazioni.
Attenzione però: se per gli utenti è accettabile l’utilizzo dei dati da parte del sito che li raccoglie, non lo è l’essere indiscriminatamente pedinati a zonzo per il web.
Sfrutta offerte e promozioni per raccogliere dati tramite programmi fedeltà, iscrizioni a newsletter e via dicendo.
La politica sulla privacy di Google minaccia davvero di ridimensionare drasticamente le potenzialità del marketing digitale e minare il futuro del cosiddetto open internet?
2. Walled garden e privacy
Mai sentito parlare di walled garden? Bene, parliamone.
Sono ecosistemi chiusi capaci di mantenere i dati raccolti al proprio interno.
Google, Facebook e Apple sono capofila nell’utilizzo di sistemi walled garden. Il fatto che questi sistemi decidano quali informazioni condividere e quali no è però un bel problema.
È vero che offrono soluzioni pubblicitarie a pagamento, ma è altrettanto vero che è difficile fare pubblicità senza avere sotto mano una quantità ragionevole di dati.
Ciò nonostante ci si dovrà adeguare abbinando ai dati di prima parte quelli che i walled garden delle top aziende decidono di diffondere. Tra queste troviamo Google.
Secondo qualcuno l’intento di Google non sarebbe solo altruistico : rimuovendo la capacità di aziende terze di tracciare gli utenti tramite ecosistemi propri, le informazioni dell’azienda di Mountain View diventeranno sempre più preziose.
I procuratori di 14 stati degli USA affermano: “Google non pone fine alla profilazione degli utenti o alla pubblicità mirata: mette semplicemente il browser Chrome al centro del monitoraggio e del targeting.”
Per alcuni esperti, invece, Google adotta questo sistema per scongiurare restrizioni ben più rigorose.
Queste potrebbero sussistere nel caso in cui si lasciasse ai governi l’iniziativa della regolamentazione privacy.
3. Sii creatore del tuo successo, sperimenta
Inizia a pianificare strategie di marketing che non contemplino l’uso dei third-party cookies.
Potrai combinare tra loro diverse soluzioni già esistenti.
Ecco le principali:
Sfrutta le Connected TV (CTV) . Sebbene ancora in fase embrionale, il sistema CTV consente di offrire annunci pubblicitari pertinenti direttamente sulla TV
Pianifica una strategia mirata di targeting contestuale . Mostra gli annunci nelle pagine e nelle categorie contestuali più adatte al tuo brand
Utilizza la retail media network . Raggiungi gli acquirenti nel punto vendita digitale sui principali siti web dei rivenditori
Monitora i tassi di adesione degli utenti . Registra i tassi di attivazione/disattivazione dei cookie perché sono indicativi dei futuri tassi di attivazione/disattivazione degli annunci
Assicurati di costruire le giuste partnership per espandere il tuo target . In questo modo potrai far affidamento su dati più precisi e meno generici di quelli offerti, ad esempio, da una profilazione a coorte
Promuovi la fiducia e offri valore reale per aumentare i tassi di adesione. La cookie revolution promette agli utenti un maggior controllo sui propri dati
Prendi a cuore il problema della privacy e fallo presente ai tuoi clienti , offrendo loro un’esperienza pubblicitaria a prova di privacy. Chi lo fa aumenta rapidamente la fidelizzazione dei clienti
Pensa a quali tipi di premi e incentivi ingolosiscono maggiormente il target. Promozioni, offerte, omaggi, la stuzzicante gamification , campagne di raccolta punti etc. Sono davvero molti i metodi per incentivare il pubblico ad amarti e seguirti
Conseguenze per il marketing in un mondo post-cookie
Il risultato di tutto questo?
Quali che siano le strategie che verranno adottate per ovviare alla prematura scomparsa dei cookie di terza parte, possiamo aspettarci due risultati:
Modesti guadagni per la privacy degli utenti
Consolidamento sul mercato di walled garden e soluzioni alternative
Parliamone.
Consolidamento e recinzioni
Come detto, i primi beneficiari dell’addio ai cookie di terze parti sono i grandi walled garden del web , in particolare Google e Facebook.
Questi ultimi dispongono di un ampio bacino di dati su utenti e loro abitudini di navigazione a cui nessun altro può accedere.
E Amazon? Potrebbe diventare il terzo titano del settore pubblicitario , dal momento che controlla un walled garden traboccante di informazioni sulle abitudini di spesa degli utenti.
Negli ultimi anni, il gigante dell’e-commerce ha ampliato il proprio mercato pubblicitario. Ad oggi rappresenta da solo il 10,3% della pubblicità digitale degli Stati Uniti.
I fornitori di AdTech (l’insieme di strumenti e software utilizzati dagli inserzionisti) sono esclusi dall’accesso a queste informazioni.
Quando il monitoraggio dei cookie di terza parte scomparirà, molte di queste aziende non potranno più fare affidamento su buona parte dei dati dei walled garden.
Molte delle loro strategie si basano infatti su raccolta e analisi di insiemi di dati di utenti attraverso cookie di terza parte. E i principali bacini di raccolta sono proprio i walled garden.
Come fare allora? I fornitori di AdTech più grandi potranno sfruttare un sistema a coorti su imitazione del FLoC e i dati che i wallet garden vorranno concedere.
I fornitori più piccoli potrebbero invece incontrare qualche difficoltà, rivolgendosi a pubblici maggiormente di nicchia. Dovranno quindi concentrarsi soprattutto sui dati di prima parte.
Miglioramento della privacy: previsioni ragionate
Chiaramente un miglioramento della privacy ci sarà.
Saranno garantite maggiori tutele rispetto al passato, quando centinaia di società AdTech potevano surrettiziamente utilizzare cookie di terza parte per raccogliere montagne di dati sugli utenti senza il loro consenso.
Ma non è chiaro se le alternative ai cookie offriranno un cambiamento davvero sostanziale o no.
FLoC assicura di nascondere l’identità degli utenti grazie alla creazione di grandi gruppi anonimi, ma gli inserzionisti potrebbero utilizzare le impronte digitali per ovviare a questo problema.
Unified ID 2.0 promette di essere dotato di pulsanti di disattivazione ma, stando a quanto già si vede, poche persone ne approfitteranno.
È vero comunque che l’utilizzo dei dati di prima parte garantirà un maggior rispetto della privacy. Gli utenti cederanno consapevolmente i propri dati a un brand solo in cambio di contenuti, sconti o altri incentivi.
Questo non significa che gli utenti comprenderanno appieno le implicazioni della divulgazione dei propri dati.
Voglio però spezzare una lancia a favore della cookie revolution. Un vantaggio per gli utenti ci sarà: renderà meno fluida e scontata la raccolta dati.
La difesa della privacy sarà rimessa alla responsabilità del singolo che potrà liberamente scegliere se dare il consenso o meno all’utilizzo dei cookie e all’utilizzo dei dati.
L’unico aspetto negativo per l’utente è che l’uso della rete sarà più frammentato. Le aziende chiederanno più spesso il consenso per questi o quei dati. Pop-up e richieste di clic si faranno più invadenti.
Le aziende dovranno trovare tattiche di customer experience (CX) capaci di ovviare al problema.
L’attrito creerà consapevolezza? Probabilmente sì.
Obbligherà gli utenti a riflettere sul fatto di essere costantemente monitorati dagli inserzionisti. E costringerà gli inserzionisti a essere un po’ più trasparenti sui motivi per cui raccolgono i dati degli utenti.
Difficile immaginare che le aziende si arrenderanno sulla questione del monitoraggio, essenziale per le loro attività. Ma il fatto che il settore si sia imposto un’autoregolamentazione fa ben sperare su un utilizzo più etico della rete .
In un’era sempre più interattiva studiare una strategia di marketing utente-centrica è la soluzione vincente per raccogliere dati e garantire anche una maggiore tutela della privacy.
L’era digitale è un ordigno innescato.
Puoi conoscerlo, studiarlo e disinnescarlo o vedertelo scoppiare tra le mani.
Fuor di metafora: è necessario conoscere qualcosa nel dettaglio per trarne dei vantaggi. La trasformazione digitale sta inesorabilmente modificando i connotati del marketing e le aziende sono chiamate ad adeguarsi.
Automazione, intelligenza artificiale e machine learning saranno presto realtà. La cultura del nuovo millennio riconosce un solo vocabolo: digitale. Nel prossimo futuro entreranno in gioco strumenti e tecnologie innovative, con cui si dovrà scendere a patti.
Un orizzonte di questo genere prospetta non poche problematiche legate alla gestione della privacy degli utenti.
Un mondo sempre più interconnesso porta grandi vantaggi ma anche enormi preoccupazioni. Gli utenti si fanno via via più smaliziati e vogliono vedere tutelata la propria privacy.
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La politica sulla privacy di Google minaccia davvero di ridimensionare drasticamente le potenzialità del marketing digitale e minare il futuro del cosiddetto open internet?
L’onda digitale non si arresta, si cavalca
Qualcuno ha detto che i rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli. Era Diego Armando Maradona, un grande sportivo e non certo un esperto di marketing.
Ma il consiglio è valido trasversalmente e per qualunque settore.
La trasformazione digitale infiamma i cuori degli audaci e preoccupa chi resta a guardare dalla trincea. Dove i secondi vedono inciampi, i primi intuiscono precise opportunità. Agire in maniera innovativa è frutto di uno sguardo coraggioso, ottimista e innovativo.
Muoversi al più presto è indispensabile per saltare in groppa alla trasformazione digitale e involarsi verso un futuro di successo.
Questo non significa non avere un occhio di riguardo per gli utenti. Le richieste di tutela della privacy e di una maggiore attenzione nella gestione del consenso dati sono più che legittime, sta a noi accoglierle senza farci prendere dal panico o capitolare di fronte ad esse.
Come abbiamo visto, anche se ci vorrà un po’ di tempo, è possibile sostituire i cookie di terze parti con strategie alternative di raccolta dati. Si tratta semplicemente di trovare i metodi più adatti alla propria attività.
Bisogna analizzare, sperimentare, ottimizzare. Non demordere e non arrenderti: il resto verrà da sé.
Non avere neppure la pretesa di fare tutto da solo. È normale che tu ti senta un po’ spiazzato di fronte alla velocità con cui l’innovazione mobilita le sue forze. Lo siamo tutti, ma bisogna tenere la barra dritta e non farsi prendere dallo sconforto.
L’innovazione deve essere un’alleata, non una nemica. Abbi il coraggio di dare alla tua azienda quel che merita. Innova, implementa e sorridi al digitale che avanza.
E, se hai bisogno di una mano, non esitare a contattarci.