Rapporto Censis: l’importanza della casa per gli italiani
Il 72,5% degli italiani (42,7 milioni) vive in una casa di proprietà, sette famiglie su dieci.
Nello specifico il 70,1% delle famiglie nel sud, il 74,5% nel centro, il 69,7% nel nord. Sono le caratteristiche anagrafiche a determinare una netta differenza tra i proprietari e gli affittuari.
Fondamentale è l’importanza che gli italiani danno alla casa, vera e propria ancora identitaria, dove piantare le proprie radici e il proprio focolare domestico.
Una cultura che tenta di resistere il più possibile a tutta una serie di misure e riprogrammazioni a livello europeo, come dei mercati, che in qualche modo tentano di mettervi le mani.
Non è un caso che la minore quota di proprietari si riscontri nei giovani (under 35), dove oltre a fattori meramente economico-sociali, legati a stabilità lavorativa e di guadagni, vi è sicuramente una minor presa delle storica cultura identitaria italiana della casa, e più invece si sia pregni di una certa mentalità contemporanea che vede nelle radici (legate all’abitazione quanto alla stabilità nel proprio luogo d’origine o allo stesso metter famiglia) un vero e proprio vincolo verso la propria libertà.
Così come non è un caso che negli altri paesi europei la quota dei proprietari sia nettamente inferiore: il 65,4% dei francesi, il 45,2% dei tedeschi.
Mentre i maggiormente simili a noi sono greci (75,9%) e spagnoli (77,3%), portatori anch’essi di una cultura mediterranea della famiglia e della relativa casa di proprietà.
Rapporto Censis: comunicazione
Per quanto riguarda comunicazione e informazione, nell’ultimo anno +12,9% la spesa per i libri e +0,3% per i giornali.
La spesa per i consumi mediatici ha subito una grande flessione tra il 2007 e il 2022, ma la spesa per smartphone ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom (+724,6% nell’intero periodo, 8,6 miliardi di euro nell’ultimo anno).
Da un punto di vista delle televisioni vi è un forte rialzo della tv via internet (web tv e smart tv arrivano al 52,8% di utenza, +10,9% in un anno) e un boom della mobile tv (dall’1,0% di spettatori nel 2007 al 34,0% di oggi).
Interessante è anche il dato della radio, con una stabilità di ascoltatori da un anno all’altro (79,9% degli italiani).
All’82,4% gli utenti dei social network (+5,8%), un dato completamente inverso rispetto ai quotidiani cartacei, che dal 67,0% del 2007 oggi passano al 25,4% dei lettori italiani (-3,7% in un anno e -41,6% in quindici anni).
Un calo dei quotidiani cartacei a vantaggio dei social network approfondito ulteriormente dal calo dei telegiornali come mezzo per informarsi per gli italiani (dal 60,1% al 51,2%).
E ancora, un calo d’attenzione per le notizie di tipo medico-scientifico (dal 33,4% al 25,5%), e sui due must pandemia e guerra la televisione è considerata affidabile dal 58,0% per la prima e dal 57,0% sulla seconda.
La stampa invece per il 55,7% sulla prima e per il 53,2% sulla seconda.
Rapporto Censis: comunicazione tra propaganda e fake news
Più nello specifico, per quanto riguarda il capitolo comunicazione intesa in senso propagandistico, il 20,3% degli italiani la giudica confusa in merito alla guerra in Ucraina, il 14,7% caratterizzata da intenti propagandistici, il 14,6% la vede come generatrice di ansia, il 13,3% alla ricerca di spettacolarizzazione, l’8,9% del tutto falsa.
Insomma il 71,8% la giudica negativamente.
Riguardo alla questione fake news e censura, il 60,1% degli italiani ritiene legittimo il ricorso a una qualche forma di censura, ma il 29,4% la vuole limitata alle notizie evidentemente false, come le fake news accertate.
Dati taluni chiari taluni ambigui, questi ultimi, o meglio ai quali dare la giusta intepretazione.
Vi è sicuramente una stanchezza, talvolta una nausea (in particolare su questione Covid ecc.), dell’infodemia presente a reti unificate sulle nostre televisioni.
Un bombardamento riconosciuto giustamente come negativo, in varie forme, fino a quello dell’intento propagandistico e dunque scarsamente veritiero e deontologicamente scorretto ad opera della nostra informazione.
Approfondita, inoltre, andrebbe la questione censura e fake news, con dati che dovrebbero ulteriormente allargare la percezione della perdita del pluralismo informativo nel nostro paese da parte del cittadino medio.
Rapporto Censis: sicurezza e cittadinanza
Il rapporto Censis fa il quadro anche della questione sociale, in particolare dal punto di vista della sicurezza.
Uno dei dati cardine è quello relativo agli immigrati. Attraverso il Decreto flussi si prevedono 452.000 cittadini stranieri in più per i prossimi tre anni, un numero molto più alto rispetto al passato.
Gli stranieri in Italia sono 5.050.000, pari all’8,6% della popolazione totale (+9,5% rispetto a dieci anni fa).
I lavoratori stranieri sono 2.374.000 (il 10,3% degli occupati, l’87,1% sono lavoratori dipendenti, il 29,9% svolge lavori senza bisogno qualifica professionale, l’8,2% professioni tecniche e qualificate).
Il 48,2% degli stranieri lavoratori è in possesso al massimo della licenza media, l’11,5% è in possesso di un titolo terziario, il 61,4% degli stranieri laureati svolge lavori di livello più basso rispetto al titolo.
Dal punto di vista demografico poco meno di 54 milioni sono gli italiani. Il 45,6% degli stranieri residenti (circa 2,3 milioni) ha meno di 35 anni (20,8% i minori, 24,8% dai 18-34 anni, solo il 5,4% è ultrasessantacinquenne).
Tra gli italiani, invece, gli under 35 sono circa 17 milioni, pari al 31,7% del totale (14,9% ha meno di 18 anni, 16,8% è un maggiorenne con meno di 35 anni).
Più della metà delle donne straniere residenti (il 55,6%) è in età di parto (tra 15 e 49 anni), mentre le italiane sono al 37,0%.
Rapporto Censis: sicurezza e criminalità
Riguardo, invece, la sicurezza il 20,8% degli italiani si sente insicuro nella zona in cui vive, 35,2% nelle città con più di 500.000 abitanti, il 33,6% delle città più grandi ritiene che negli ultimi cinque anni la propria zona di residenza sia diventata più pericolosa.
Nel 2022 nelle 14 aree metropolitane italiane, dove vive il 36,2% della popolazione, denunciati complessivamente 1.066.975 reati (il 47,3% del totale), percentuale che sale al 61,7% nel caso delle rapine e al 53,7% nel caso dei furti.
Il 26,3% dei reati commessi in Italia (uno su quattro) avviene nelle aree metropolitane di Roma, Milano e Napoli, 231.293 crimini commessi nell’ultimo anno a Roma, 225.078 a Milano, 135.980 a Napoli.
Anche dal punto di vista del web, i reati informatici aumentano significativamente, con il 76,9% degli italiani che vi si è imbattuto almeno una volta nell’ultimo anno (e la percentuale sale all’87,3% tra i nativi digitali).
Capitolo finale sul gioco con quasi 23 milioni di italiani che hanno giocato almeno una volta nel corso dell’ultimo anno, rivolgendosi a giochi legali.
Per il 91,3% degli italiani lo Stato deve regolare e gestire il gioco legale a tutela della collettività.
Rapporto Censis: sonnambuli, ciechi dinnanzi ai presagi
Sonnambuli, ciechi dinnanzi ai presagi, è una delle definizioni che viene fuori da uno dei comunicati del rapporto Censis.
A cominciare dalla flessione demografica con una perdita, entro il 2050, di 4,5 milioni di residenti (una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni, in particolare -3,7 milioni con meno di 35 anni, un contestuale aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre, in particolare, +1,6 milioni con 85 anni e oltre).
Quasi 8 milioni di persone in età attiva da lavoro in meno nel 2050. Il sonnambulismo legato non solo a fattori economici e alle classi dirigenti, il 56,0% (il 61,4% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società, il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) prova una grande insicurezza a causa dei tanti rischi inattesi, con una globalizzazione, che per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici, e con l’80,1% (l’84,1% tra i giovani) convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino.
Aspetti sociali ma anche psicologici, legati alla sfera personale ma anche politica e collettiva, economici ma anche culturali, con responsabilità istituzionali ma anche del singolo: tutto ciò è alla base del clima generale definito nel rapporto
Rapporto Censis: paure, stati d’animo
Su queste basi, si sviluppa quello che il rapporto definisce come un “mercato dell’emotività”, e poi “paure amplificate, fughe millenaristiche, spasmi apocalittici, l’improbabile e il verosimile”.
Le paure sono:
- 84,0% per il clima impazzito
- 73,4% per povertà diffusa e violenza
- 73,0% per i flussi migratori
- 53,1% per il debito pubblico
- 59,9% di un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l’Italia
- 59,2% di un attacco jihadista
- 49,9% di un attacco nemico dal quale non siamo in grado di difenderci
- 38,2% nota l’aggressione crescente verso gli ebrei
- 73,8% pensa che non ci sarà la possibilità in futuro di pagare le pensioni
- 69,2% pensa che la sanità pubblica non riuscirà a garantire a tutti prestazioni
Il 57,3% degli italiani riconosce che i giovani, in questo momento, sono la generazione più penalizzata di tutte, il 30,8% l’età di mezzo e l’11,9% gli anziani.
Questi ultimi sono oggi il 24,1% della popolazione complessiva e nel 2050 saranno 4,6 milioni in più: raggiungeranno un peso del 34,5% sul totale della popolazione.
Dato che rispecchia un invecchiamento complessivo della popolazione.
Rapporto Censis: una società decadente in attesa di un grande riscatto
Il rapporto Censis dunque presenta quella che abbiamo definito una società decadente, in piena decadenza, se non addirittura caratterizzata da fenomeni sintomo di una certa terminalità, come il drastico calo demografico, e il clima generale di perdita di direzione in ambito professionale, quanto formativo, quanto psico-sociale più in generale.
Complici, come sosteniamo, da un lato tutta una serie di scelte politiche, governative, soprattutto a livello macrosistemico che hanno di fatto impoverito il tessuto produttivo e creativo del paese, oltre che le sue sicurezze sociali.
Dall’altro un’accentuata ricerca del benessere, vera e propria ideologia/religione del nostro tempo, soprattutto se inteso come espressione di una società che vede nei consumi lo scopo fondamentale della propria esistenza, un’ancora che fornisce il senso come direbbe un Bauman, nell’analisi della società liquida[1], ma anche la consolazione di una signorilità di massa, per dirla con Ricolfi[2], testimonianza di un’agiatezza non concreta, salda, diremmo, non ancorata a certezze e nemmeno a direzioni effettive e concrete, nei vari ambiti della vita, ma piuttosto evanescente, emotiva e momentanea.
A tutto ciò aggiungiamo il lavorio mediatico, che lievita le paure, le ansie, le angosce, oltre che le confusioni e le falsità intellettuali.
Insomma sulla base di questo un quadro davvero poco roseo, sempre eufemismo, ci chiediamo quanto possa e debba fare, questo popolo per riscattarsi.
Bibliografia
[1] Bauman Z., Modernità liquida, Editori Laterza, 2011.
[2] Ricolfi L., La società signorile di massa, La nave di Teseo, 2019.
Roberto Siconolfi, classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo. Uno dei suoi campi principali di ricerca è il mondo dei media, in tutti i suoi aspetti, da quello tecnico a quello storico e antropologico, fino a giungere al piano “sottile”, “magico”, “esoterico”.
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